domenica 3 aprile 2011

Cassa depositi e prestiti e ENI

La "nuova" Cassa depositi e prestiti, è attualmente azionista dell'Eni, con il 24,6%, e di Terna con il 29,9%, dopo aver posseduto il 17% di Enel, il 35% di Poste e il 14% circa di ST Microelectronics (quote trasferite dal Mef a via Goito nel 2003 e poi tornate al Tesoro in seguito alla recente permuta con azioni Eni).
Entrare in un fondo strategico d'investimento anti-scalata estera o acquisire direttamente partecipazioni azionarie in società italiane che non devono cadere in mani straniere può divenire quindi un'ulteriore estensione della nuova Cdp (posseduta al 70% dal Mef e al 30% da 66 Fondazioni), un'istituzione sempre più impegnata in operazioni finanziarie fuori dall'ambito strettamente pubblico, purché rispondenti alla mission di sostegno all'economia e allo sviluppo del paese nell'interesse nazionale. E rispettose dei diktat di Bruxelles contro gli aiuti di stato.
Alla nuova Cassa è bastato finora rispettare una regola fondamentale, quella di agire come operatore privato che investe e fa prestiti a condizioni di mercato: Lo ha fatto in più occasioni, soprattutto nelle attività innovative anti-crisi volute fortemente dal ministro Tremonti dal 2008. La Cassa per esempio ha messo a disposizione fino a 8 miliardi di euro di risparmio postale che tramite le banche raggiunge le Pmi sane che vogliono crescere (ma mai aziende decotte); il risparmio postale serve per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese con l'export banca assieme a Sace; il finanziamento di progetti infrastrutturali gestiti e realizzati da privati e solo promossi da enti pubblici è ora possibile con la raccolta di buoni e libretti postali.
La Cdp ha a sua disposizione un'altra fonte di raccolta, alternativa al risparmio postale, che è quella dell'emissione sul mercato di obbligazioni Euromedium term notes. È stata inaugurata per la cosiddetta "gestione ordinaria", per finanziare le ex-municipalizzate nel settore dei servizi di pubblica utilità. La Cassa si è fatta assegnare il rating proprio per poter sbarcare sul mercato e finanziarsi: lo ha fatto finora per importi contenuti e con rare apparizioni, a differenza della Kfw che fa tutta la sua raccolta sul mercato. Quando la Cdp entrò nel mondo del private equity sottoscrivendo una quota da 250 milioni del Fondo italiano di investimento per rafforzare la capitalizzazione delle Pmi, venne proposto il ricorso alla gestione ordinaria e ai bond per evitare di esporre il risparmio postale ad attività che possono rivelarsi rischiose.
La Cassa infine non è soggetta ai requisiti patrimoniali propri di una banca commerciale, come l'oramai famoso core Tier One. Comunque anche la Cdp deve rispettare regole prudenziali, ed accantonare capitale a fronte dei rischi : per quanto atipica, è pur sempre un'istituzione finanziaria di lungo termine.
Stando a fonti bene informate, la Cdp dispone di circa 4 miliardi di euro di "free capital" che può essere investito in azioni oppure in obbligazioni mantenendo invariati i ratios patrimoniali prudenziali.
Questa disponibilità potenzialmente potrà servire per erigere la barriera voluta da Tremonti contro le scalate straniere indesiderate in società e settori di rilevanza strategica per l'interesse nazionale: la norma sulla Cassa introdotta nel decreto omnibus apre in effetti due scenari, la possibilità di acquisizione diretta di partecipazioni azionarie o indiretta tramite l'ingresso in un fondo stile francese strategico d'investimento.
La Cdp potrà entrare in questa nuova attività attingendo al risparmio postale e rispettando i criteri del mercato (anche il dovere di lanciare un'Opa nel caso di superamento di soglie prestabilite) oppure con la raccolta da emissioni obbligazionarie.

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